Ciao a tutti, benvenuti in questa nuovissima intervista di Bookness. Per me è veramente un grande onore avere dall’altra parte Enrico Santarelli, autore del libro: “Trasformiamoci. Appunti di un ipocondriaco gentile alla ricerca della felicità“.
Enrico dicci chi sei e di che cosa ti occupi.
Ciao Emanuele.
“Allora, chi sono? Sono una persona di 47 anni, quasi 48, per l’esattezza sarò 48 giovedì di questa settimana, e sono umbro di nascita e marchigiano d’origine. Negli ultimi vent’anni ho praticamente girato tutta Italia, seguendo le tappe del mio lavoro.
Sono un manager, nel senso che dopo la laurea in Economia e qualche esperimento, ho cominciato a lavorare prima in consulenza e poi in azienda. Mi sono appassionato di molte discipline manageriali, tra cui la strategia, il marketing, l’organizzazione e lo sviluppo prodotti. Il libro ripercorre parte di questo percorso e descrive quanto ho imparato attraverso le mie esperienze.”
Sì, ho parlato con Montemagno del mondo del giocattolo. Ho avuto la fortuna nella mia carriera di lavorare in diversi settori e tipologie di azienda e ho iniziato con la consulenza informatica. Poi ho lavorato come consulente direzionale in una società americana e successivamente ho lavorato nel settore degli elettrodomestici, presso grandi aziende quotate italiane. Ho poi lavorato nel settore dei servizi, quindi nel mondo del pubblico impiego, e infine ho avuto una breve esperienza nel private equity.
Da qualche anno sono tornato al mondo industriale, nel settore delle aziende industriali, e sto imparando a conoscere un altro modello di azienda molto caratterizzante per il tessuto imprenditoriale italiano. Si tratta dell’azienda imprenditoriale che fa capo a una famiglia e che ha molte delle caratteristiche tipiche del modello di fare impresa italiano.
Per me, la carriera è sempre stata come un puzzle, una somma di esperienze. Ho sempre voluto arrivare ad avere un profilo il più completo possibile, con molte tessere del puzzle accumulate.
Si evince che sei una persona gentile, come anche la tua comunicazione lo dimostra. Nel libro, hai creato un acronimo “GENTILE” che descrive il tuo approccio alla leadership, alla comunicazione e al management. Potresti spiegarci meglio questo tuo approccio così soft ma efficace allo stesso tempo?”
Il libro parte da due presupposti. Da una parte, c’è l’idea che la felicità sia una necessità universale delle persone. Dall’altra, c’è il fatto che la ricerca della felicità, in questo momento storico, è resa complicata dalla trasformazione costante che sta caratterizzando la società. In questo contesto, dove il lavoro occupa la maggior parte della nostra vita, i leader devono adattare il loro stile di leadership per aiutare i propri collaboratori a continuare la ricerca della felicità, un tema estremamente attuale.
La cosa sorprendente è che andare verso un modello di leadership gentile significa mettere in pratica comportamenti semplici, quasi di buon senso, anziché inventare sofismi manageriali. Probabilmente, significa anche fare un passo indietro, riscoprire i valori che abbiamo perso lungo la strada e riutilizzarli in modo adattato e pratico. In sostanza, si tratta di eliminare piuttosto che aggiungere. Questa è stata la mia scoperta degli ultimi anni e il motivo per cui ho deciso di scrivere questa raccolta di appunti.
Sì, più che una serie di appunti, è un libro di 160 pagine. Posso garantire, un gran bel libro per quel che riguarda le tematiche di cui ora stiamo discutendo, in una chiave completamente diversa da tutte le altre.
Enrico, ti assicuro, ne ho letti moltissimi di libri in questo ambito che va incontro a quello che è un cambiamento, dimmi se sei d’accordo, che la gestione aziendale sta vivendo in quest’epoca in cui la tecnologia la fa da padrone in qualsiasi tipologia di processo, anche ovviamente operativo e comunicativo, all’interno dell’azienda.
Quindi la considerazione che vorrei farti è che dall’esterno sembra che questa digitalizzazione operativa porti a una minore attenzione alle persone, quando invece è proprio in questo nuovo filtro in cui andiamo a lavorare che il capitale umano, così come solitamente si definisce per le aziende, ha un’importanza ancora maggiore. Sei d’accordo che serve questa leva adesso che si sta sviluppando?
Probabilmente lo sviluppo tecnologico ci ha convinto di poter fare a meno delle persone, ma mai come oggi, in un mondo dove la creatività, la narrazione, lo storytelling e la necessità di inventare percorsi innovativi e differenziati sono cruciali per contrastare una concorrenza sempre più agguerrita, la componente umana diventa sempre più importante. Nel libro, cito una cosa in cui credo molto.
In un certo punto della storia del management, si è deciso di chiamare le persone che operano in azienda “risorse umane” con l’intenzione positiva di sottolineare che queste persone sono in grado di portare valore e hanno un potenziale da esprimere all’interno di un certo contesto organizzativo.
Purtroppo, l’uso di questo termine ha subito una deviazione nell’interpretazione, ma io credo che il concetto di persona, con tutte le sue sfaccettature, passione, relazioni e importanza della fiducia nella creazione di felicità, debba essere riportato al centro dell’organizzazione. Questo passaggio è fondamentale per prepararsi a questa era di cambiamenti rapidi, in cui le persone e la componente umana avranno ancora più significato.
Credo che questo basti. Enrico, a chi è rivolto questo libro?
Il libro parla di persone ed è rivolto alle persone. Nel senso che secondo me tutti quanti possono trovare nel libro magari qualche spunto, qualcosa che nel loro agire quotidiano non sia scontato e quindi magari provarlo, sperimentarlo e nel caso lo ritengano opportuno, farlo proprio.
È chiaro che tutte le persone come me, quelle persone che vivono quotidianamente la vita delle organizzazioni tutti i giorni sulla loro pelle, che hanno fatto dell’organizzazione il loro modo di esprimersi, possono sicuramente nel libro trovare, ritrovarsi, ecco, ritrovarsi e magari trovare dei concetti e degli strumenti che possono condividere o meno, ma da cui possono trarre dei momenti di riflessione.
Quindi un libro non solo per manager e imprenditori, ma per tutte le persone che vogliono trasformarsi. Proprio il titolo “Trasformiamoci“.
Sì, che vogliono appunto trasformarsi, mettersi in discussione e soprattutto mettere le persone che gli stanno vicino nella condizione ideale per vivere al meglio quest’epoca molto bizzarra che stiamo ormai sperimentando da un po’.
Emanuele, nel libro faccio questi continui parallelismi con la fisica che è una di quelle discipline che, secondo me, va un po’ recuperata per leggere il momento che stiamo vivendo.
E appunto, le trasformazioni non sono più degli eventi puntuali, ma sono delle cose sempre più continue, quindi, per mettere noi stessi e gli altri nelle condizioni migliori per viverle al meglio, nel libro possono esserci degli ingredienti utili.
Esatto, mentre scrivevo il libro, ho visto questo film “Don’t look up”, uno degli ultimi film con Leonardo Di Caprio e lì ho trovato, diciamo, tante metafore rispetto a quanto stavo scrivendo e a quanto sentivo e continuo a sentire.
Quindi ho pensato che questa fosse la frase migliore, da una parte per concludere il libro e dall’altra per lasciare, se vuoi, un messaggio di grande speranza alle persone che vorranno cimentarsi con la mia fatica, con i miei appunti.
Guarda, Emanuele, è stato un riscontro sorprendente. Nel senso che alle persone è arrivato il messaggio, è arrivato il messaggio che volevo passare. E soprattutto il libro ha lasciato la volontà sulle persone di investigare un po’ e rimettersi un attimo in discussione, di rivalutarsi, magari smontare alcune cose e rimontarle, smontarne altre e buttarle, smontarne altre ancora e lasciarle così come sono.
Quindi il messaggio del libro è arrivato. Le persone che mi conoscono di più chiaramente ci hanno trovato tanta, in qualche modo, della mia storia di questi vent’anni di carriera manageriale e di esperimenti manageriali. Quindi, ti dico, ad oggi sono molto, molto contento di quanto sta succedendo intorno a “Trasformiamoci“.
Presentazioni che idealmente saranno sia online che offline. Ho ricevuto qualche invito da qualche società di consulenza, università, business school per raccontare un po’ il mio libro e quindi sicuramente ne approfitterò.
L’ho tenuta nettamente separata. I lettori del libro si accorgeranno che non faccio nomi di persone con cui ho lavorato e di aziende per cui ho lavorato o sto lavorando.
In azienda, ovviamente ho portato il libro, l’ho regalato, ne ho parlato e mi fa piacere condividere un commento di uno dei miei collaboratori che ha detto che leggere il mio libro è come guardare il film e poi leggere il libro, ritrovando perfettamente gli stessi contenuti.
Questa è una delle cose che mi ha fatto più piacere, perché dimostra che quanto scritto in quelle pagine è qualcosa che ho la possibilità e il privilegio di sperimentare continuamente. Questo, secondo me, rende ancora più potente il messaggio che cerco di comunicare agli altri.
Sì, ti ringrazio per la risposta. Ti ho fatto questa domanda piuttosto, come dire, privata, perché con Bookness, Enrico, riceviamo tante richieste, di persone come te che operano e lavorano nell’ambito di aziende, di grandi aziende che però in questo sviluppo lavorativo acquisiscono un know how che è legato essenzialmente proprio al loro modo personale di fare le cose per l’azienda, per se stessi, per la propria famiglia.
E come hai fatto tu, credo sia giusto quindi creare un’opera dove dai il tuo contributo e il tuo insegnamento a chi magari ne vorrà fruire, indipendentemente da quello che è poi il percorso quotidiano che fai per un’azienda o anziché un’altra.
Quindi è un qualcosa che con Bookness abbiamo riscontrato con altri professionisti, con altri imprenditori, con altri manager. A proposito di Bookness, come ti sei trovato con il nostro servizio Enrico?
Guarda, per tutti quanti hanno nel retro cranio o nel cassetto il sogno di scrivere un libro, penso che sia veramente un servizio ideale.
Ti ringrazio Enrico. Bene, non vedo l’ora di incontrarci e di stringerti la mano, magari in qualche ristorante qua della riviera marchigiana, visto che siamo anche vicini di casa.
Ti mando un abbraccio e caro un saluto. A presto.